Federico Coppitelli, allenatore dell’Osijek ed ex allenatore della Primavera del Torino, ha rilasciato un'intervista a Cronache di Spogliatoio, dove si è soffermato sul difensore Alessandro Buongiorno: "È un ragazzo di un’intelligenza superiore alla media. Ma non nel calcio, proprio nella vita. È vero che nel calcio non serve essere scienziati, però adesso l’intelligenza ti fa migliorare velocemente perché le richieste per i singoli non sono più quelle di 20 anni fa. Ora al calciatore è richiesta la conoscenza di saper interpretare, lui è uno che si nutre di quello che tu gli proponi. Quando l’ho conosciuto, al primo anno era il classico stopper degli anni ’70, molto bravo ma che con la palla faceva fatica in gestione; nella seconda stagione, con personalità e l’aggiunta di tante cose, ha iniziato a giocare veramente bene anche con il pallone tra i piedi, a trovare linee di passaggio e mettere in pratica ciò che aveva imparato. È sempre stato una curva che sale sempre in positivo. Ha saputo sempre farcela, anche quando si è ritrovato senza una squadra che lo volesse, rimanendo al Torino. Nel giro di due anni è diventato capitano. Essendo intelligente, ha gestito bene la pressione".
di Napoli Magazine
10/01/2025 - 00:40
Federico Coppitelli, allenatore dell’Osijek ed ex allenatore della Primavera del Torino, ha rilasciato un'intervista a Cronache di Spogliatoio, dove si è soffermato sul difensore Alessandro Buongiorno: "È un ragazzo di un’intelligenza superiore alla media. Ma non nel calcio, proprio nella vita. È vero che nel calcio non serve essere scienziati, però adesso l’intelligenza ti fa migliorare velocemente perché le richieste per i singoli non sono più quelle di 20 anni fa. Ora al calciatore è richiesta la conoscenza di saper interpretare, lui è uno che si nutre di quello che tu gli proponi. Quando l’ho conosciuto, al primo anno era il classico stopper degli anni ’70, molto bravo ma che con la palla faceva fatica in gestione; nella seconda stagione, con personalità e l’aggiunta di tante cose, ha iniziato a giocare veramente bene anche con il pallone tra i piedi, a trovare linee di passaggio e mettere in pratica ciò che aveva imparato. È sempre stato una curva che sale sempre in positivo. Ha saputo sempre farcela, anche quando si è ritrovato senza una squadra che lo volesse, rimanendo al Torino. Nel giro di due anni è diventato capitano. Essendo intelligente, ha gestito bene la pressione".