NAPOLI - Il regista Paolo Sorrentino è stato ospite di Fabio Fazio a "Che tempo che fa" sul Nove. Ecco quanto evidenziato da "Napoli Magazine": "Baggio è il vice Maradona. Il calcio è una grande forma di spettacolo, il cinema è uno spettacolo, le due cose vanno a braccetto e sì, è entrato anche in questo film (Parthenope, ndr), non come in quello precedente, ma entra anche in questo film. A me piace molto andare a Cannes, ho paura perchè a Cannes sono tanto inclini a criticarmi male, quindi sono terrorizzato, però mi piace, è molto elettrizzante, ci sono tutti gli adetti ai lavori, quelli che decidono e poi è un gran festival. Però, mi piace anche andare al Festival di Venezia, ci sono stato due volte. Parthenope è varie cose, sia la sirena che esce dal mare e da mitologia fonda Napoli e nel nostro film è una donna seguita da quando nasce fino ai 73 anni, è la lunga storia della vita di questa donna che attraversa la città, prima ne è guardata, poi la guarda. La trama non è semplice perchè è un film sulla lunghezza e l'ampiezza della vita. Il colpo di scena è la vita stessa, è un film anche sulla bellezza degli anni che passano, senza avere nè rimpianti, nè nostalgie, nè malinconia e sull'idea che a qualsiasi età si può avere una prospettiva e una capacità di stupirsi nei confronti del futuro, questo è molto facile quando si è ragazzi, ma nel film viene raccontato egregiamente da Stefania Sandrelli che ha ancora una capacità di meravigliarsi e di stupirsi nonostante abbia una settantina d'anni. Se il film è anche il mio sguardo su Napoli? Sì, mi sono inventato che negli anni diventa una antropologa che è un lavoro che ha delle analogie col lavoro che faccio io, cioè quello di osservare incessantemente e di provare a travisare quello che uno guarda, perchè guardare e riprodurre quello che hai guardato è operazione sterile, e invece questo leggero slittamento che viene chiamato fantasia crea l'oggetto film. Napoli è da sempre un grande laboratorio antropologico? Napoli è un laboratorio inesauribile per la sua varietà di esseri umani, anche per la sua capacità, secondo me, di produrre mistero che sembra antitetico rispetto all'idea che abbiamo di Napoli, che è una città molto recitativa, che si mostra, di cui si parla tanto, ma invece proprio perché niente sa occultarsi meglio dell'evidenza, Napoli è una città che dietro quella maschera conserva molti segreti e molti aspetti sinistri e alcuni di questi vengono raccontati nel film attraverso la religione, la criminalità, le storie d'amore. Il cinema è antropologia? Per quello che piace fare a me sì, cioè l'incessante osservazione dell'essere umano e capire cosa si annida nei suoi meandri e quali sono i dolori, le delusioni e ciò che è venuto a mancare è quello che voglio fare e che mi piace fare. Inattuali vuol dire essere moderni, avere uno sguardo lievemente strabico rispetto all'opinione conforme che hanno tutti quanti. Moderni o classici? Moderni e anche classici. Adesso si cerca tutti di essere attuali? Però per esserlo bisogna avere una vaga difformità e una vaga forma di inattualità. Questo lo dice molto meglio di me Agamben che invito a leggere, è un grande filosofo. I temi dell'erotismo, della seduzione, della bellezza, sono temi ultimamente un po' critici, invece io li trovavo pertinenti per il tipo di racconto che volevo fare, non era una mera provocazione di metterli in campo, però li trovo anche estremamente potenti da un punto di vista cinematografico, d'altronde il cinema nasce come forma di seduzione nei confronti di un altro che è lo spettatore e la seduzione, cioè quel sottilissimo, elegante, gentile gioco di potere fra chi fa e chi vede è anche quello che accade nella vita normale. Il trauma sinonimo di vita? Non so se lo teorizzo, sicuramente ce ne sono. Il film ha una struttura narrativa molto semplice, è una donna adulta che ricorda le cose decisive della sua vita, ciò che è sacro nella sua biografia e sacro in termini laici è per me quello che uno non dimenticherà della sua vita e in questo senso e il film è l'esternazione dei ricordi di questa donna e molti di questi ricordi, come penso accada a tutti noi, spesso coincidono con gli amori mancati o con gli amori che non sono riusciti. E' una specie di piccola forma di rimpianto che ci accomuna e ci accompagna tutti. Film inattuale? E' il piccolo contributo che uno può dare al conformismo. Nei film ho sempre osato, ho fatto anche dei film politici che si sono rivelati degli azzardi. Penso che il cinema sia una grande forma di divertimento e quando ci si diverte si osa, un po' come quelle squadre che giocano con quattro attaccanti, alla fine la metafora più facile è sempre quella calcistica. Il mio rapporto con Napoli è quello di molti napoletani che sono andati via, è un rapporto puramente amoroso e l'amore è fatto di avvicinamento e fuga, fondamentalmente. Nel film c'è una lunga arringa di Luisa Ranieri contro la città, una specie di elenco dei difetti dei napoletani che però al contempo sono anche i pregi, come spesso accade nella vita, il difetto è anche il pregio che ciascuno di noi possiede. La città è così, possiede il dono della contraddizione, Luisa è una attrice strepitosa, sempre più brava. Se ha perso centralità il dibattito sul cinema? Forse ha perso centralità il dibattito sul film, ma non ha ancora perso l'impatto emotivo che il film può avere su chi lo vede, indipendentemente da come lo vede. Diventa un fatto più emotivo e anche un fatto più personale, adesso che tendiamo a fruire dei film spesso in modo solitario, ma a me sembra che di tutte le forme di espressione artistica, il cinema abbia ancora una grande capacità di produrre uno stato emotivo diverso nei confronti dello spettatore nel peggiore dei casi, alle volte addirittura influenzarlo e fargli cambiare idea o ancora meglio fargli cambiare l'approccio sentimentale alla vita, quando i film riescono, il che è raro. Poi si sa sempre dopo? Sempre, purtroppo sì. Se sogno sempre di dirigere uno 007? Mi piacerebbe molto, però penso che rimarrà una idea. Nello 007 l'autore, che sarei io, si occupa solamente dei dialoghi, non delle scene d'azione, quindi il lavoro più faticoso lo fa un altro, a fronte di un guadagno considerevole, farei la cosa più semplice. Una annotazione sul Napoli? E' molto prematuro, è molto presto, però siamo pronti a vedere le partite, mentre qualche tempo fa eravamo pronti a non vederle, già mi sembra un passo avanti!".
di Napoli Magazine
15/10/2024 - 11:30
NAPOLI - Il regista Paolo Sorrentino è stato ospite di Fabio Fazio a "Che tempo che fa" sul Nove. Ecco quanto evidenziato da "Napoli Magazine": "Baggio è il vice Maradona. Il calcio è una grande forma di spettacolo, il cinema è uno spettacolo, le due cose vanno a braccetto e sì, è entrato anche in questo film (Parthenope, ndr), non come in quello precedente, ma entra anche in questo film. A me piace molto andare a Cannes, ho paura perchè a Cannes sono tanto inclini a criticarmi male, quindi sono terrorizzato, però mi piace, è molto elettrizzante, ci sono tutti gli adetti ai lavori, quelli che decidono e poi è un gran festival. Però, mi piace anche andare al Festival di Venezia, ci sono stato due volte. Parthenope è varie cose, sia la sirena che esce dal mare e da mitologia fonda Napoli e nel nostro film è una donna seguita da quando nasce fino ai 73 anni, è la lunga storia della vita di questa donna che attraversa la città, prima ne è guardata, poi la guarda. La trama non è semplice perchè è un film sulla lunghezza e l'ampiezza della vita. Il colpo di scena è la vita stessa, è un film anche sulla bellezza degli anni che passano, senza avere nè rimpianti, nè nostalgie, nè malinconia e sull'idea che a qualsiasi età si può avere una prospettiva e una capacità di stupirsi nei confronti del futuro, questo è molto facile quando si è ragazzi, ma nel film viene raccontato egregiamente da Stefania Sandrelli che ha ancora una capacità di meravigliarsi e di stupirsi nonostante abbia una settantina d'anni. Se il film è anche il mio sguardo su Napoli? Sì, mi sono inventato che negli anni diventa una antropologa che è un lavoro che ha delle analogie col lavoro che faccio io, cioè quello di osservare incessantemente e di provare a travisare quello che uno guarda, perchè guardare e riprodurre quello che hai guardato è operazione sterile, e invece questo leggero slittamento che viene chiamato fantasia crea l'oggetto film. Napoli è da sempre un grande laboratorio antropologico? Napoli è un laboratorio inesauribile per la sua varietà di esseri umani, anche per la sua capacità, secondo me, di produrre mistero che sembra antitetico rispetto all'idea che abbiamo di Napoli, che è una città molto recitativa, che si mostra, di cui si parla tanto, ma invece proprio perché niente sa occultarsi meglio dell'evidenza, Napoli è una città che dietro quella maschera conserva molti segreti e molti aspetti sinistri e alcuni di questi vengono raccontati nel film attraverso la religione, la criminalità, le storie d'amore. Il cinema è antropologia? Per quello che piace fare a me sì, cioè l'incessante osservazione dell'essere umano e capire cosa si annida nei suoi meandri e quali sono i dolori, le delusioni e ciò che è venuto a mancare è quello che voglio fare e che mi piace fare. Inattuali vuol dire essere moderni, avere uno sguardo lievemente strabico rispetto all'opinione conforme che hanno tutti quanti. Moderni o classici? Moderni e anche classici. Adesso si cerca tutti di essere attuali? Però per esserlo bisogna avere una vaga difformità e una vaga forma di inattualità. Questo lo dice molto meglio di me Agamben che invito a leggere, è un grande filosofo. I temi dell'erotismo, della seduzione, della bellezza, sono temi ultimamente un po' critici, invece io li trovavo pertinenti per il tipo di racconto che volevo fare, non era una mera provocazione di metterli in campo, però li trovo anche estremamente potenti da un punto di vista cinematografico, d'altronde il cinema nasce come forma di seduzione nei confronti di un altro che è lo spettatore e la seduzione, cioè quel sottilissimo, elegante, gentile gioco di potere fra chi fa e chi vede è anche quello che accade nella vita normale. Il trauma sinonimo di vita? Non so se lo teorizzo, sicuramente ce ne sono. Il film ha una struttura narrativa molto semplice, è una donna adulta che ricorda le cose decisive della sua vita, ciò che è sacro nella sua biografia e sacro in termini laici è per me quello che uno non dimenticherà della sua vita e in questo senso e il film è l'esternazione dei ricordi di questa donna e molti di questi ricordi, come penso accada a tutti noi, spesso coincidono con gli amori mancati o con gli amori che non sono riusciti. E' una specie di piccola forma di rimpianto che ci accomuna e ci accompagna tutti. Film inattuale? E' il piccolo contributo che uno può dare al conformismo. Nei film ho sempre osato, ho fatto anche dei film politici che si sono rivelati degli azzardi. Penso che il cinema sia una grande forma di divertimento e quando ci si diverte si osa, un po' come quelle squadre che giocano con quattro attaccanti, alla fine la metafora più facile è sempre quella calcistica. Il mio rapporto con Napoli è quello di molti napoletani che sono andati via, è un rapporto puramente amoroso e l'amore è fatto di avvicinamento e fuga, fondamentalmente. Nel film c'è una lunga arringa di Luisa Ranieri contro la città, una specie di elenco dei difetti dei napoletani che però al contempo sono anche i pregi, come spesso accade nella vita, il difetto è anche il pregio che ciascuno di noi possiede. La città è così, possiede il dono della contraddizione, Luisa è una attrice strepitosa, sempre più brava. Se ha perso centralità il dibattito sul cinema? Forse ha perso centralità il dibattito sul film, ma non ha ancora perso l'impatto emotivo che il film può avere su chi lo vede, indipendentemente da come lo vede. Diventa un fatto più emotivo e anche un fatto più personale, adesso che tendiamo a fruire dei film spesso in modo solitario, ma a me sembra che di tutte le forme di espressione artistica, il cinema abbia ancora una grande capacità di produrre uno stato emotivo diverso nei confronti dello spettatore nel peggiore dei casi, alle volte addirittura influenzarlo e fargli cambiare idea o ancora meglio fargli cambiare l'approccio sentimentale alla vita, quando i film riescono, il che è raro. Poi si sa sempre dopo? Sempre, purtroppo sì. Se sogno sempre di dirigere uno 007? Mi piacerebbe molto, però penso che rimarrà una idea. Nello 007 l'autore, che sarei io, si occupa solamente dei dialoghi, non delle scene d'azione, quindi il lavoro più faticoso lo fa un altro, a fronte di un guadagno considerevole, farei la cosa più semplice. Una annotazione sul Napoli? E' molto prematuro, è molto presto, però siamo pronti a vedere le partite, mentre qualche tempo fa eravamo pronti a non vederle, già mi sembra un passo avanti!".