Calcio
MEDIASET - Milan, il Rischiatutto di Fonseca: turnover, spazio ai giovani e panchinari illustri
15.12.2024 18:21 di Napoli Magazine Fonte: Sport Mediaset

Davanti alla storia del Milan, nel giorno in cui si festeggia il compleanno numero 125 del club, Fonseca decide che se l'avventura in rossonero deve finire, perlomeno avvenga a modo suo. Nel calcio si può dire quello che si vuole, quindi per qualcuno il portoghese sarà un testardo che va avanti a modo suo incurante di logiche che solo il tifoso del bar padroneggia veramente, per altri sarà sempre una seconda o terza scelta (quando in realtà c'erano dei veri e propri guru della panchina lasciati alla concorrenza), una sorta di Lopetegui un po' più credibile. Ma proprio poco.

A Fonseca non è bastato vincere un derby, umiliare il Real al Bernabeu, essere in piena corsa per gli ottavi diretti in Champions. A Fonseca serve sempre qualcosa di più. Certo, guardando la classifica della Serie A non è che si possa pensare di fargli una statua equestre, ma anche la Juve della costosa rivoluzione tecnica e di mentalità è avanti solo 6 punti con due partite in più. Visto che oggi si festeggia la storia non può non venire in mente quando, quasi 40 anni fa, un altro allenatore era sull'orlo dell'esonero e la società ha voluto fare chiarezza con il gruppo spiegando, a campioni di un altro livello rispetto agli attuali, che la guida tecnica sarebbe rimasta in ogni caso, sposando un progetto a lungo termine.

Altra squadra, altri dirigenti. Il concetto dovrebbe comunque restare sempre quello. Se si decide per un allenatore che ha delle idee precise, gli si dà anche il tempo per farle attecchire. Fonseca, però, è andato oltre. Non si è limitato a portare avanti i suoi principi. Ha anche deciso di mettere in panchina i pochi Vip della rosa. Leao ne sa qualcosa, come ora Theo Hernandez. Fa le sue valutazioni scegliendo quello che è il meglio per la squadra. Non dovrebbe agire così qualsiasi dirigente di qualsiasi azienda? Qualunque responsabile di un gruppo di lavoro?

Ma il calcio, si sa, vive di logiche tutte sue che poi, alla fine, sono soltanto legate al risultato. Che, oltretutto, deve essere immediato. Dopo la partita vinta a fatica contro la Stella Rossa a San Siro in Champions, Fonseca lo aveva detto. Se l'atteggiamento è questo dovrò ricorrere alla Primavera o al Milan Futuro. Detto fatto. Contro il Genoa, nel posticipo domenicale, Theo Hernandez va in panca e a sinistra, in difesa, ci sarà Jimenez. Sulla trequarti, a destra, spazio a Chukwueze, con il 2007 Liberali centrale dietro ad Abraham, e Leao, che sarà il capitano, a sinistra. Il modo in cui l'esterno portoghese si è riguadagnato la fiducia del tecnico dimostra che la scelta di non guardare in faccia a nessuno alla fine paga. Ma forse a Fonseca non si perdona nulla perché ha l'immagine della brava persona. E le brave persone, in un mondo di ignoranti, vengono scambiate per deboli. A loro si possono fare domande e rilievi tecnici che nemmeno alla lontana sono rivolti ad altri allenatori. Con il suo comportamento, però, l'allenatore del Milan dimostra che la debolezza e la paura non sono tra le sue caratteristiche. Deve essere questo che è così duro da mandare giù per l'opinione pubblica pallonara. 

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MEDIASET - Milan, il Rischiatutto di Fonseca: turnover, spazio ai giovani e panchinari illustri

di Napoli Magazine

15/12/2024 - 18:21

Davanti alla storia del Milan, nel giorno in cui si festeggia il compleanno numero 125 del club, Fonseca decide che se l'avventura in rossonero deve finire, perlomeno avvenga a modo suo. Nel calcio si può dire quello che si vuole, quindi per qualcuno il portoghese sarà un testardo che va avanti a modo suo incurante di logiche che solo il tifoso del bar padroneggia veramente, per altri sarà sempre una seconda o terza scelta (quando in realtà c'erano dei veri e propri guru della panchina lasciati alla concorrenza), una sorta di Lopetegui un po' più credibile. Ma proprio poco.

A Fonseca non è bastato vincere un derby, umiliare il Real al Bernabeu, essere in piena corsa per gli ottavi diretti in Champions. A Fonseca serve sempre qualcosa di più. Certo, guardando la classifica della Serie A non è che si possa pensare di fargli una statua equestre, ma anche la Juve della costosa rivoluzione tecnica e di mentalità è avanti solo 6 punti con due partite in più. Visto che oggi si festeggia la storia non può non venire in mente quando, quasi 40 anni fa, un altro allenatore era sull'orlo dell'esonero e la società ha voluto fare chiarezza con il gruppo spiegando, a campioni di un altro livello rispetto agli attuali, che la guida tecnica sarebbe rimasta in ogni caso, sposando un progetto a lungo termine.

Altra squadra, altri dirigenti. Il concetto dovrebbe comunque restare sempre quello. Se si decide per un allenatore che ha delle idee precise, gli si dà anche il tempo per farle attecchire. Fonseca, però, è andato oltre. Non si è limitato a portare avanti i suoi principi. Ha anche deciso di mettere in panchina i pochi Vip della rosa. Leao ne sa qualcosa, come ora Theo Hernandez. Fa le sue valutazioni scegliendo quello che è il meglio per la squadra. Non dovrebbe agire così qualsiasi dirigente di qualsiasi azienda? Qualunque responsabile di un gruppo di lavoro?

Ma il calcio, si sa, vive di logiche tutte sue che poi, alla fine, sono soltanto legate al risultato. Che, oltretutto, deve essere immediato. Dopo la partita vinta a fatica contro la Stella Rossa a San Siro in Champions, Fonseca lo aveva detto. Se l'atteggiamento è questo dovrò ricorrere alla Primavera o al Milan Futuro. Detto fatto. Contro il Genoa, nel posticipo domenicale, Theo Hernandez va in panca e a sinistra, in difesa, ci sarà Jimenez. Sulla trequarti, a destra, spazio a Chukwueze, con il 2007 Liberali centrale dietro ad Abraham, e Leao, che sarà il capitano, a sinistra. Il modo in cui l'esterno portoghese si è riguadagnato la fiducia del tecnico dimostra che la scelta di non guardare in faccia a nessuno alla fine paga. Ma forse a Fonseca non si perdona nulla perché ha l'immagine della brava persona. E le brave persone, in un mondo di ignoranti, vengono scambiate per deboli. A loro si possono fare domande e rilievi tecnici che nemmeno alla lontana sono rivolti ad altri allenatori. Con il suo comportamento, però, l'allenatore del Milan dimostra che la debolezza e la paura non sono tra le sue caratteristiche. Deve essere questo che è così duro da mandare giù per l'opinione pubblica pallonara. 

Fonte: Sport Mediaset